10 ottobre 2020
“E vo’ gridando pace, e vo’ gridando amore”. Così fa dire Giuseppe Verdi a Simon Boccanegra, doge della Repubblica di Genova. Io lo sto facendo dal giorno dopo il ballottaggio per il Comune. Abbiamo bisogno di ricostruire, con una vera e propria congiura virtuosa, la nostra Città: depredata, distrutta, sporca e soprattutto senza più fiducia in sé stessa. Adesso non importa chi abbia vinto. C’è un Sindaco, ci sarà un governo ma ci saranno soprattutto i cittadini che non potranno non partecipare alla vita della Città. Non è ammesso desistere. Non è ammesso criticare senza proporre. Il ruolo dell’opposizione è quello di vigilare, ma anche di incoraggiare. Quello di chi governa non sarà più quello di imporre, senza tener conto delle esigenze delle persone. Non è affermando il potere che si governa, bensì raccogliendo il consenso che, altro non è, che il gradimento dei cittadini su fatti concreti. Materiali ed immateriali. Vado oltre. Non esistono schieramenti partitici contrapposti, se non per veri opportunismi personali. Lo dimostrano i passaggi, con esiti elettorali favorevoli, di tanti big locali. Senza clamori. Lo dimostrano le trenta liste civiche. Mai viste! L’amministrazione di una città non è il Parlamento né il Consiglio regionale. Il Sindaco della primavera reggina compose una Giunta partiticamente ibrida, col successo ben noto a tutti. Quindi rimbocchiamoci tutti le maniche e modifichiamo il concetto che il mondo ha di Reggio Calabria, un tempo davvero bella e gentile, oggi, brutta e scortese. Tuttavia sembra che questi concetti, semplici e basati solo sull’attaccamento alla mia città, non trovino la dovuta accoglienza tra quelli che sono stati i protagonisti di questa storia ad epilogo annunciato. Assisto a dichiarazioni mendaci, a ricostruzioni fantasiose di fatti che sono accaduti sotto gli occhi di tutti e che, pertanto, sono stati e sono giudicati in modo corretto. Taluno si arrampica sugli specchi e grida vittoria, di che? Gioca con le parole e sostiene che Falcomatà non ha vinto perchè è la Destra che ha perso. E che significa? La cittadinanza non la si deride, non è sciocca. La Destra ha pesantemente perso perché mal guidata e succube di un potere impositivo, estraneo alla città, che altrove non alberga. L’imposizione di Salvini non poteva e non doveva trovare ricezione e subalternità se solo il cdx fosse stato unito e se chi guidava il partito più forte della coalizione, non avesse ceduto, per chiaro interesse personale, dopo una apparente resistenza di facciata. Muscolosa opposizione immediatamente andata in ipotrofia per due motivi: primo il diktat berlusconiano, irrazionale e fuori contesto, secondo – e più grave- perché la lacerazione tra i due parlamentari del reggino, peraltro non di Reggio, aveva portato il sen. Siclari in auge, quale guida del partito: un rospo troppo indigesto a chi, fino ad allora, ne aveva addirittura tarpato le ali, per pretestuosa superiorità. In cotanto disaccordo e non avendo una dose di coraggio sufficiente, costui ha fatto l’avanzata turca e la ritirata spagnola, dopo aver costretto tre consiglieri uscenti, di buon calibro, Dattola, Caracciolo e Imbalzano, a firmare una vera e propria dichiarazione di guerra contro il povero Minicuci. Salvo poi ad ordinare la loro inclusione nelle liste. Dico povero Minicuci perché è stato davvero uno strumento cieco di occhiuta rapina. Persona certamente a modo, ottimo burocrate, ma assolutamente inadeguato per il ruolo, non fosse altro perché del tutto sconosciuto alla città e neppure cittadino di essa. Il sindaco è o non è il PRIMO CITTADINO, ma se uno, cittadino non è, come può pretendere di essere il primo? L’errore di Minicuci, già in pectore Presidente della Pegione per la Lega, poi Assessore regionale sempre per la lega, è stato quello di, non solo accettare, ma premere insistentemente, per occupare una casella a lui dovuta dalla Lega! Aveva fatto i conti senza l’oste. E questa volta l’oste è stato il cittadino reggino. Falcomatà, con tutti gli errori da lui stesso ammessi, aveva perso in prima battuta, giungendo solo al 37%; solo la presa di coscienza del popolo reggino, ingigantita da una evidente difficoltà personale dell’avversario, lo ha fatto lievitare al 58 con il ballottaggio. Reggio ha scelto. Ha dovuto scegliere. Tra il conosciuto e lo sconosciuto. Ha applicato quanto Tomasi di Lampedusa aveva magistralmente detto: è meglio un male sperimentato che un bene ignoto! Tra le amenità, sulle quali è bene stendere un velo pietoso, ho letto anche che il rappresentante di FI sarebbe stato il primo ad opporsi, prima di andare a Canossa, inserendo questa colossale bugia tra le medaglie da appuntarsi al petto facendo finta di non ricordare il grido di dolore di chi aveva affermato, senza mai cambiare idea, che votare per la Lega sarebbe significato tradire la città! Città invece tradita da chi ha mutato d’avviso per i motivi sopradetti, per non parlare delle lusinghe fatte a colui che sarebbe stato, per sentito popolare, un buon candidato, facendogli arrivare via whatsapp addirittura tre simboli delle liste pronte in appoggio con il suo nome, salvo poi, indice di premeditazione becera, cancellare l’invio (manovra consentita sul noto social). La verità incontrovertibile, senza giri di parole, è che l’onorevole (non uso gli epiteti coi quale viene oggi da tutti indicato, per una questione di stile) ha la grande responsabilità di aver fatto credere a tutti di essere l’onnipotente locale, sovrastando anche i cosi detti alleati della coalizione, colpevolmente succubi del nulla, per poi dimostrare ciò che abbiamo sempre combattuto: a Reggio leoni, a Roma… con quel che segue. Ora si presenta in conferenza per ottenere una assoluzione. Ricordate l’orazione di Cicerone? Cicero pro domo sua? Il grande latino, primo abusivo della storia, cercava di difendere il suo abuso edilizio. Il paragone è ancora più calzante se si pensa che Reggio non è la casa del parlamentare, notoriamente eletto altrove, grazie alle manifestazioni da stadio, furbescamente organizzate. Ma che politica è questa? Forse costui farebbe bene a cospargersi il capo di cenere, chiedere scusa a tutti, e non cercare vittorie laddove non ci sono. Ammettere che avrebbe dovuto rompere con la coalizione, come hanno fatto a Taurianova, vincere col nome voluto dai reggini e poi dettare legge ai suoi capi, non viceversa. Non ha saputo o potuto, per mancanza di leadership, imporre l’autonomia del nostro territorio. Anche noi tutti abbiamo le nostre responsabilità: lo abbiamo colpevolmente assecondato! Niente bugie! Reggio non merita inganni. Reggio sapeva cosa voleva. Cosa faranno ora i delusi da questi comportamenti? C’è chi minaccia ferro e fuoco, c’è chi cerca di cambiare le carte in tavola. A mio sommesso parere, bisogna amare la città: né il proprio io, né la personale affermazione. Appunto, una congiura virtuosa pro Reggio. La liberazione, dalla politica goliardica. Verrà. Presto.