6 ottobre 2020
Molte volte mi sono chiesto il perché del mio amore per la città che mi ha dato i natali. Le varie risposte che mi sono dato equivalgono ad un nulla di fatto. Perché amiamo il nostro lavoro, una donna, questo o quel cibo? Per quanto ci si lambicchi il cervello non riusciamo a dare una risposta razionale. La inventiamo. Quasi volessimo giustificare quel meraviglioso sentimento. Avere la capacità di amare non è di tutti. Avere la fortuna di saper amare, poi, è davvero raro. Questo tema ha trovato nei secoli una moltitudine di filosofi, letterati, uomini di cultura a disquisire per trovare il principio ispiratore dell’amore, inteso nel senso più alto. Le risposte sono talmente tante è così varie, da permettere ad ognuno di noi di dire la sua. “Amor ti vieta di non amar”, dice Giordano in una sua celebre aria della Fedora. “Amor che ha nullo amato, amar perdona…” Chi non ricorda Dante? E tra il popolo, dove nasce la cultura? “e si iddu moru e vaiu in paradiso, si nun ci trovu a ttia mancu ci trasu!” La più bella dichiarazione d’amore che un uomo del popolo possa fare alla sua donna! Ripensandoci se questo sentimento trova tante motivazioni perché devo andare a scervellarmi? Amo e basta! Il perché, non lo so! O forse lo so e non riesco a dirlo. Amo Reggio perché non è una città facile, ma è bella e gentile. Nei ricordi più che nella realtà attuale. Ma questo conta poco perché se lo è stata, tornerà ad esserlo. Se Reggio ha avuto la forza di rialzare le sua mura distrutte da guerre, invasioni, dominazioni, terremoti ed alluvioni, vuol dire che ha in sé l’amore necessario a rinascere dalle sue ceneri. Una forza vitale che viene dai suoi cittadini, spesso nani, ma giganti quando c’è da difenderla dai denigratori di professione, da approfittatori stranieri come da maramaldi che vorrebbero approfittare delle sue debolezze. Certo esistono parametri fortemente negativi che impediscono una convivenza civile piacevole e serena, dalla invidia alla maldicenza, dall’uso del ma e del però che segue una frase positiva imposta dai fatti per inculcare nell’inter locutore il dubbio, tuttavia quando c’è da serrare le fila lo fa. Con intelligenza. Ma manda forti preavviso. Fiducia si, ma con la condizionale. Nella vita quotidiana come in politica. Spesso Reggio sembra in letargo, ma quando si sveglia, domina! Le ultime amministrative parlano chiaro. Falcomatà ha vinto il ballottaggio dopo essere stato bocciato, per sua stessa ammissione giustamente, in prima battuta. Le ha vinte perché l’orgoglio cittadino, messo sotto da una imposizione becera ed arrogante, si è risvegliato, unendo le forze, anche prima contrapposte, per rintuzzare le voglie espansioniste ed il processo di colonizzazione, intrapreso con l’ausilio di chi pensava di rappresentare gli interessi cittadini per opera e virtù dello Spirito Santo (con le dovute mie scuse per l’irriverente accostamento). Non ci si serve della città per una forma di accaparramento forzato di fiducia romana, o meglio, “arcorana” usandola come merce di scambio. La città è dei cittadini che se la sono magistralmente ripresa, sottraendola a chi pensava si essersene impossessato. Il signore è servito! Il prezzo pagato è stato alto. Ora c’è solo da ricostruire. Tutti assieme. Non ci sono vincitori e vinti. Chi è stato eletto sa di avere vinto una battaglia a causa dei demeriti altrui, e non mi riferisco all’avversario, ma a chi lo ha letteralmente scaraventato a Reggio. I vinti sono stati tratti in inganno e, di fatto, hanno votato in buona fede. Non conosco un solo reggino di nascita che avrebbe voluto essere suddito di un partito che ha invocato l’azione distruttiva dell’Etna fino a l’altro ieri, tanto che in città è solo una sparuta e sparita minoranza a rappresentarlo, più per convenienza che per convinzione. La città è chiamata ad un più duro ballottaggio: vivere o morire! Credo sceglierà di vivere. Omnia vincit amor. Con buona pace del caro Caprì che ama tanto le mie citazioni latine! Ma l’amore vince in qualunque lingua tu lo dica.