15 gennaio 2017
Sarà stata una coincidenza! Ma ieri sulle rive dello Stretto, due eventi, tra toro assolutamente differenti, hanno finito col recitare lo stesso copione. Uno in piazza e l’altro al Teatro Vittorio Emanuele di Messina. Sentite un po’. Partiamo dalla trama di una celeberrima operina di Domenico Cimarosa risalente alla fine del 700. Un Maestro di Cappella è intento nell’inserire nella musica un’aria in “stil sublime”, seguendo i dettagli degli antichi maestri, ma quando l’orchestra inizia a provare il brano, l’effetto è catastrofico, dato che ogni strumentista entra al momento sbagliato, durante l’esecuzione. Il maestro quindi inizia a canticchiare, volta per volta, la parte di ogni strumento, in modo tale da far capire ad ognuno di essi quando deve iniziare a suonare; alla fine riesce nell’intento di far eseguire l’aria correttamente a tutta l’orchestra. Soddisfatto dal successo, decide di provare un pezzo composto da lui stesso. Bene. leri sera con musicisti in gran parte reggini, questo monologo comico, elegante e fortemente educativo, è andato in scena nel bel Teatro messinese con l’interpretazione stupenda, sotto ogni profilo, del basso Alessandro Tirotta, alto esponente di una nostra famiglia che ha dedicato l’esistenza dei numerosi suoi componenti alla Musica, con la M maiuscola. Il parallelismo o la coincidenza, se preferite, è presto detta. Con la stessa trama, stessa comicità – in senso ironico, naturalmente – era appena stata rappresentata al mattino, nella piazza più emblematica di Reggio Calabria (e poi c’è qualcuno che dice che le due città dello stretto non parlano la stessa lingua) un’altra operina, dove, fino ad ora ognuno diceva la sua, in un inutile, strumentale quanto mai, rimbalzare di accuse, silenzi e pompose dichiarazioni. Sono stati costretti a scendere in piazza tanti strumenti, diversi per forma, nome, note emesse ed anche per roboanza. Tutti volevano fare musica, ma ognuno per sé e con entrate, ovviamente differenti che, come nel caso del Maestro di Cappella di Cimarosa, avrebbero avuto un effetto disastroso se non ci fosse stato il Maestro appunto. Rappresentato, questa volta, dall’interesse comune: il salvataggio dell’Aeroporto di Reggio Calabria, che – guarda caso – si chiama pure Aeroporto dello Stretto. Insomma, ha prevalso il buon senso e l’operazione è stata diretta dall’interesse comune. Dal senso civico. Con buona pace di chi avrebbe voluto cavalcare la tigre, addossando ora a questo ora a quello le responsabilità, quando è fin troppo evidente che… ognuno ha suonato fuori tempo e confusamente, impedendo la sinfonia complessa della vita di un aeroporto. Ora aspettiamo che, come nel caso dell’operina, venga fuori una bella sinfonia. Naturalmente, c’è da vigilare che sul podio del Direttore, che notoriamente esce sul proscenio per prendersi gli applausi del pubblico, non cerchi di salire qualche “salvatore della patria”, che sospinto dai protettori governativi di turno, voglia paragonarsi al grande Cimarosa. Questa volta la politica ha abdicato. Se l’Aeroporto non chiuderà, come non chiuderà, avrà vinto il popolo. Solo il popolo. Uscendo fuor di metafora, complimentiamoci col maestro Alessandro Tirotta, magico mattatore del teatro messinese che con voce appropriata, alcune trovate sceniche ed accompagnato da un primo violino della levatura di Pasquale Faucitano, ha letteralmente entusiasmato. Bravissimi tutti gli esecutori e perfetta la direzione del maestro Alessandro Calcagnile.