Un sabato sera con due grandi donne reggine. Questa sì, che è festa!

6 marzo 2016

Un bagno di cultura. Che viene dal popolo. È quello che, ieri sera, un buon numero di reggini ha potuto fare, grazie alla gran voglia di pulizia morale, alla fame di bello che regna nella nostra città. Si, proprio famelico desiderio di armonia, di sano divertimento e riscoperta delle nostre nobili origini. Il tutto ottenuto dalla buona volontà, dalla voglia di mettersi in gioco e da quella incontenibile gioia che si prova nel dare agli altri ciò di cui si è depositari: I’arte. Quella che non si impara, quella che si possiede nel proprio dna, quella che si tramanda di padre in figlio. O, come in questo caso, di padre in figlia. Infatti, nel pomeriggio di ieri, in uno dei luoghi della cultura più caro ai reggini, oggi amorevolmente e sapientemente gestito dall’Accademia del Tempo Libero, l’emozione e l’orgoglio hanno preso il sopravvento su amarezze, illegalità diffusa, ‘ndrangheta, supponenza (tutte maledette realtà che hanno sopraffatto la nostra comunità). Emozioni suscitate da una figlia della nostra terra che onora ed inorgoglisce chiunque abbia sangue calabro vero nelle vene, Marinella Rodà, cantante folk come ama definirsi, figlia del grande Totó di Prunella di Melito, ha letteralmente inondato l’immensa platea, stivata di gente in ogni anfratto, di un canto melodioso, struggente, possente quanto basta per far spuntare una lacrima nel cuore sensibile del reggino doc. Non solo, ma chiamando sul palco le memorie storiche (quelle vere), ha ricostruito un pezzo di storia. Della sua storia, che è la nostra! Ha rivendicato con quella dolcezza che le è congeniale, la difesa della sua lingua: quel greco di Calabria che non deve scomparire. Verduci, Nucera, Martino, pilastri dell’identità calabrese e delle sue origini, hanno testimoniato con passione, rievocando in una cornice elegante, realizzata con gli oggetti di quella civiltà contadina che hanno portato indietro nel tempo tutti noi che eravamo lì, le semplici scene del nostro mondo che fu. Quello pulito, scevro da infingimenti culturali. Fatto di cose e persone semplici. Marinella Rodà, accompagnata da musicisti spettacolari, che hanno tirato fuori dai loro strumenti della memoria, il meglio della magia del suono, ha imperiosamente tenuto la scena tra gli osanna di un popolo mai sazio di cultura popolare. Grazie Marinella, sei la nostra bandiera! E grazie anche per aver condiviso con la memoria di tuo padre, di Mimmo Martino, la storia della musica folk, della quale andiamo orgogliosi. Ma la serata non è finita al calar del sipario del Cipresseto. Giusto il tempo di arrivare nel tempio della cultura reggina, purtroppo ancora profanato e violentato da spettacoli senza dignità (avete mai sentito che la Scala di Milano o il San Carlo di Napoli si prestano a spettacoli sul sesso?) si apre il sipario, un’altra realtà culturale, in vernacolo. Un’altra artista al femminile – quasi a voler celebrare con grande dignità e senza spocchia la Festa della Donna – si presenta al pubblico quasi scusandosi per aver voluto osare nell’offrire una sua commedia brillante con la Compagnia amatoriale degli “Stravaganti”. Il teatro è esaurito. Uno spettacolo già di per sé confortante. La beneficenza potrebbe far pensare ad una presenza motivata, il che non guasta. Ma ben presto, alla semplice apertura del sipario, chi era venuto per dare una mano all’iniziativa o per amicizia, o per dovere, si è dovuto subito ricredere! Una scenografia elegante, ben studiata, con ogni particolare curato amorevolmente (le scene, in teatro parlano!), un cast esilarante. Ogni parte interpretata magistralmente da attori consumati, altro che dilettanti allo sbaraglio! Una trama inverosimile, ma per questo intelligente, e resa reale dal copione intriso di battute appropriate, mai volgari che hanno letteralmente fatto divertire il pubblico, che ha ripagato, con applausi a scena aperta ripetuti, i grandi sforzi e lo studio che si vedeva bene star dietro al lavoro teatrale, per nulla facile. Silvana Salvaggio, al pari di Marinella Rodà, ha fatto partire un messaggio fortissimo alla gente reggina. La cultura vera è quella che viene dal sentire popolare. La gente non ha bisogno di roboanti nomi, di scene costose o peggio, di accattivanti titoli emblemi di subcultura, vuole invece scoprire se stessa. I suoi talenti, le sue capacità spesso nascoste. La gente vuole il palcoscenico per vedere tra i suoi figli chi vale, per vedere attraverso la sua storia, la vera identità che persone normali, ma ricche di umanità e di talento, riescono ad esprimere, facendola riconoscere. La gente non vuole soloni, impettiti pseudo storici che cercano le cose negative, a tutti i costi, la gente vuole positività: quella espressa in un sabato pomeriggio da due donne calabresi, e dai loro compagni d’arte, su due palcoscenici reggini emblematici di una cultura meravigliosa. Grazie Marinella, grazie Silvana. L’arte vi accomuna. Noi vi applaudiamo con gioia. Adesso speriamo si comprenda che a Reggio si può fare cultura attraverso gli spettacoli teatrali affidati ai nostri talenti. Opera lirica, concerti, prosa, musical, commedie brillanti, folk, musica etnica, balletti sono alla nostra portata. Busseremo! Ci sarà aperto???

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *