13 giugno 2011
Lavoriamo, combattiamo ogni giorno contro ogni sorta di difficoltà, corriamo qua e là, ci scontriamo con questo e con quello, agiamo spesso dimenticando molte delle cose della vita, che appartengono alla sfera dell’emotività. Quella più intima, insomma. Degli affetti più cari. Spesso ci scorrono nella mente le immagini di quando eravamo piccoli, ma difficilmente ci soffermiamo, tanto siamo presi dai ritmi frenetici della quotidianità. Quanti insegnamenti! In un certo qual modo, abbiamo perso il senso delle belle cose della vita, convinti come siamo, che il lavoro, il successo, il potere, siano quasi dei doveri cui adempiere, senza tener conto della spiritualità e delle esigenze dell’anima. E così, se non riusciamo a mantener fede ad un appuntamento fremiamo ed imprechiamo, magari sentendoci in colpa per non aver fatto la centunesima cosa della giornata. Di converso, se perdiamo una santa messa o il desiderio di raccoglierci in preghiera, non ci passa neppure per l’anticamera del cervello… e con un sincrono movimento delle spalle ce la caviamo… E tutto va avanti o ci illudiamo che vada. Salute qui ed ora, l’eterna gloria poi!!!!! Per dirla col grande Verdi, nella Forza del Destino. Forse qualche marcia in meno e qualche riflessione in più, ci aiuterebbero a ritrovare quella serenità personale ed ancor più quella collettiva che sembrerebbe, si sia persa. Fortunatamente c’è chi ci fornisce le occasioni. Dovremmo coglierle più spesso. Fede, conforto e calma: tre beni che, da oltre un cinquantennio, a piene mani profonde un uomo, un sacerdote. Piccolo di statura, ma di tempra ferrea. Interprete del nostro tempo come altri mai. Egli, con la sua opera pastorale è riuscito ad interpretare i bisogni di tutti noi. Non solo omelie, ma fatti concreti e spirituali, che non si esauriscono in poco tempo, ma che durano tutta la vita. E se ci capita di assistere alla giornata del Grazie, che conclude il ciclo scolastico quinquennale del suo Lucianum, facilmente comprendiamo tutto. Vedere quei bambini, che abbiamo accompagnato per mano timorosi, noi e loro, i primi giorni di scuola, conquistare il palcoscenico, attenti, sincroniz- zati, ben preparati, recitare come attori consumati e responsabili, sia pur nel loro fanciullesco incedere, non può non farci riflettere sulle cose belle della vita. La semplicità, la spontaneità del candore giovanile ed il desiderio, che brilla nei loro occhi, di darsi al folto pubblico con bravura, ci fanno riflettere e ci trasmettono, attraverso i nostri figli quel forte fortissimo messaggio di Don Mimmo. Quella Scuola non è stata fondata solo per insegnare a leggere e scrivere e far di conto, ma per indicare la strada della vita. Ed i discenti non sono o sono stati i nostri figli, ma anche i loro genitori. Noi! Si proprio noi! Altrimenti non troverebbero una spiegazione plausibile gli occhi lucidi, lucidissimi evidenti o mal celati in chi, su quel palcoscenico ha o ha avuto i propri figli, nel preciso momento in cui tutti bimbi si sono stretti in un abbraccio struggente alla loro maestra, che spesso chiamano, soprappensiero, Mamma! Scagli la prima pietra chi, sabato sera, non ha pianto in quel momento nel cortile del Lucianum. Si direbbe che anche il cielo lo abbia fatto, inondando parimenti, ricchi, poveri, belli, brutti, scettici e credenti: un segno ulteriore di approvazione? Prendetelo come volete, ma il comune ripararsi dall’improvvisa tempesta ha riunito tutti, facendo scendere i bimbi dal palco, quasi fosse un segno che il teatro della vita è ben diverso dalla finzione scenica e che dalle intemperie ci si può difendere, assieme. Basta avere una casa comune. Grazie don Mimmo per averla costruita. Ha virtualmente tanti di quei piani e di quei palchi da contenerci tutti, proprio tutti. Quelli di oggi e di ieri ed anche di avantieri. Reggio deve esserti grata per aver fatto crescere tutti con la luce dei valori che non si usura, magari si sbiadisce, ma se il giorno del Grazie si ripassa per le tue parti, rifulge e rivive, come per incanto, come e più di prima. Magari con qualche lacrima da asciugare. Ma sotto quella luce c’è mezza Città, in parte anche sparsa nel mondo. Questa è davvero Chiesa! Chiesa! Grazie don Mimmo! Con l’affetto di tanti figli.