C’è chi ama la Città e c’è chi dice di amarla

16 gennaio 2011

Purtroppo a Reggio vincono… i secondi. La Città, quella vera, da anni cerca di riscattarsi agli occhi del mondo, per scrollarsi di dosso il malcostume, quello politico in special modo, quello ‘ndranghetistico, del malaffare e delle negatività generiche. Lo fa utilizzando le forze positive della cultura, dei giovani onesti, degli uomini e delle donne. Si ribella ad ogni forma di violenza, quella che uccide senza pietà e fa nascere il comitato di Mosorrofa. Si ribella al pizzo, e forma un movimento come “Reggio libera Reggio. Si ribella alla mafia e costituisce “Reggio non tace”. E via via si unisce sotto diverse bandiere, ma con l’unico scopo di far capire al mondo intero che Reggio è quella di Leonida Rèpaci, di Corrado Alvaro, di medici come Alberto Neri, di sindaci come Italo Falcomatà, di giudici come Salvatore Di Landro, di sportivi come Aldo Penna, di giornalisti come Aldo Sgroi, di uomini di cultura come Zizo Trombetta, solo per citarne qualcuno. Purtroppo, ogni medicina ha i suoi effetti collaterali. L’azione positiva viene, di fatto, contrastata dalla intramontabile invidia, dalla maldicenza endogena a tutti i costi, dall’essersi abituati a farsi rappresentare, ahimè molto spesso, da chi non è niente e nessuno, ma si atteggia a consigliere del principe di turno, di cui gode protezione, in cambio di un vero “prostituirsi” incondizionato. Ne consegue che la qualità del suo agire non può che essere di infimo ordine. Di fatto, assistiamo ad una sorta di tiro alla fune. Con in palio le sorti della Città. I fatti lo dimostrano. E quelli di questi giorni, ancora di più. Solo chi non vuole, non comprende il significato di azioni che sono a danno della comunità ed a vantaggio di pochi. Pochissimi. Ma, purtroppo, forti. Il mondo della cultura, quella specifica, quello dell’arte non è scevro da questi condizionamenti. Ieri sera, ad esempio, il Teatro Cilea ha vissuto un momento di elevatissimo spessore. Una serata magica che, ben al di là del mero spettacolo, voleva essere (e nonostante tutto è stata) la fusione del sentimento più grande di cui l’uomo è capace, l’amore, con la musica, la poesia, l’arte del librarsi nell’aria danzando, dell’armonia del corpo quale segno di bellezza eterea e la gente, i giovani, la voglia del riscatto reggino. Non c’era una poltrona vuota. I palchi stracolmi fino al terzo ordine. Ragazzi, ragazzi e poi ragazzi. Una ventata di freschezza che ha ringiovanito il nostro vecchio amato Cilea. Applausi scroscianti. A scena aperta. Sul palcoscenico, grazie ad una reggina veramente doc, Maria Pia Liotta, le stelle del firmamento della danza internazionale. L’Operà di Parigi, di Nizza, l’American Ballet, il Maggio Musicale, artisti che se vuoi andare a vedere nei maggiori teatri del mondo, devi prenotarti almeno un anno prima! Un susseguirsi di musiche stratosferiche, da Adam a Tchaikovsky e di coreografie meravigliose. Interpretazioni di una leggiadria, di una bellezza irraggiungibile. Fantastica. Il farmaco giusto per elevare lo spirito. E Maria Pia Liotta è stata davvero brava a coinvolgere artisti e pubblico in una vera e propria apoteosi della Danza. Il ma, dalle nostre parti è d’obbligo, ahinoi. Una più attenta direzione del Teatro avrebbe dovuto far controllare la resa fonica dell’impianto. Non so e non voglio sapere se è stata colpa delle incisioni non perfette o dei tecnici del suono (estranei al teatro, come sempre): fatto si è, che è stata un’offesa alla dignità

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