12 settembre 2009
Era il Dicembre del 1971. Gianfranca Ostini e Carlo Bini, rispettivamente Lucia ed Edgardo, davano vita ad una Lucia di Lammermoor indimenticabile, che avrebbe lasciato un ricordo in tutti noi che c’eravamo. Son passati 38 anni! L’abbiamo rivista quella eroina donizettiana. È tornata! Questa sera a calcar le scene del nostro Teatro una strepitosa Desirèe Rancatore con al suo fianco un prestante Paolo Fanale ci hanno riportato indietro ed avanti – contemporaneamente – nel tempo. Indietro perché abbiamo, sia pur con nostalgia, ricordato quella magica serata dove il disattento siparista ha fatto calare il tendone nel bel mezzo della scena della pazzia; avanti perché possiamo ben sperare in un futuro migliore del nostro gioiello lirico. Ma veniamo alla cronaca tutta tesa a tributare i giusti meriti. Mettere su un’opera in pochi giorni non è cosa da poco! E con pochi mezzi, poi! Serenella Fraschini, direttore artistico per la Lirica, ha di che gioire per un successo di pubblico d’altri tempi. È stata davvero brava nel cucire e ricucire un tessuto organizzativo umano, tecnico ed amministrativo, non facile e talvolta ostile, non per cattiveria. Credo abbia fatto un bel sospiro di sollievo, quando tutti gli interpreti sono stati chiamati sul proscenio più volte per raccogliere le ovazioni della gente. Che la Rancatore fosse una delle migliori Lucie, lo sapevamo, ma che avesse un gran temperamento lo abbiamo scoperto a Reggio. Il giovane Edgardo, sulla scena e nella vita, era al suo debutto nel ruolo. Migliorerà di certo, ma ha convinto. Tutti i protagonisti sono stati, per così dire, aiutati dall’insieme. Una bella aggregazione: non c’è che dire. Dal baritono Leonardo Galeazzi, voce apprezzabile e sicura, al basso Ellero D’ Artegna, fermo e convincente, per passare via via in rassegna gli altri, come Fabio Bonocore, nei panni di Lord Artur, Stefano Osbat, Normanno, la nostra Gabriella Grassi, tutti in voce, affiatati e soprattutto entusiasti. Ci hanno messo l’anima per strappare i lunghi applausi al pubblico. Hanno dato tutto di loro stessi e ci sono riusciti. Lucia di Lammermoor non è opera facile. È la composizione del bel canto e della bella musica. Dove far bene è difficile. Ma l’assieme ha retto il confronto. Tutto sommato una data da passare agli annali come positiva, da ricordare. La direzione orchestrale affidata al Maestro Alain Guingal è riuscita abbastanza bene a sopperire all’evidente carenza di numero di prove. La nostra orchestra, di cui andiamo orgogliosi, si è impegnata a dovere. La presenza nella massa orchestrale di individualità di calibro e spessore elevati, si è fatta notare. L’impegno si è visto. Altra cosa sarebbe se fosse stabilizzata questa compagine. Il coro: una sicurezza. La regia del nostro concittadino Mario De Carlo ha rispettato la tradizione pur apportando alcune soluzioni d’effetto che hanno reso ancor più comprensibile epoca, stati d’animo, abitudini e miserie umane. Nel complesso, ottimo lavoro. Una nota positiva non ci sentiamo di spenderla per i costumi. Non all’altezza della messinscena, né del teatro ospitante. Sta di fatto che in questi giorni il Cilea ha fatto registrare molti interessi: giovani che hanno assistito alle prove, una città in attesa dell’ evento, arrivi da più parti di turisti della Lirica, ristoranti affollati anche nel dopo teatro: insomma un indotto culturale, economico e turistico di grande effetto. Giovedi si replica. Noi vi consigliamo di non perdere l’occasione di vedere uno spettacolo di livello. In ogni caso ci adopereremo di non far trascorrere altri 38 anni per rivedere una Lucia a Reggio, non foss’altro per l’oggettiva impossibilità di rendicontarvi giornalisticamente.