12 marzo 2009
Ci sono tanti modi per fare scomparire, di fatto, la democrazia. Per distruggerla. Per farne carne da macello, in una città dove neppure quello c’è. Ci sono tanti modi per far tornare in auge la censura, subdolamente. Ci sono tanti modi per eliminare i dissidenti della stampa: o, rischiando, li fai sparire come in Sud America, oppure, in maniera meno traumatica e quindi meno rischiosa metti in giro tante, ma proprio tante voci che ti osannano, soffocando chi non la pensa come te. E se lo fai coi soldi pubblici, che problema c’è? In Argentina i desaparecidos erano i dissidenti fatti scomparire, perché il loro numero, divenuto piuttosto sostenuto, aveva provocato un gran mole di indignazione contro il regime. Già proprio indignazione. Quel sentimento popolare, capace di abbattere il più potente e becero dei poteri. Quel sentimento che nasce nel cuore dell’uomo giusto, che non tollera la sopraffazione, la spocchiosità di chi comanda, l’arroganza dell’incultura. Lo inducono gli scrittori, i poeti, ma soprattutto la libera e reale informazione. Non a caso, i grandi regimi totalitari, le rivoluzioni, i golpe occupano, prima ancora che gli obiettivi militari strategici, le sedi delle televisioni e dei giornali. Ora, nella nostra bella ed antica Città, accade che da qualche anno sembrerebbe che il tempo si sia fermato: la storia si sia congelata. O, se preferite, si sia tornati ai tempi del Regime. Uno comanda, decide, sceglie: gli altri obbediscono. A guisa dei consiglieri del Principe, di machiavellica memoria, mettono il cervello in naftalina, si annullano ed eseguono. Votano sempre si, senza nemmeno sapere per chi o cosa: basta un cenno del Capo, inteso anche in senso anatomico. Il guaio è che tra i Consiglieri si annoverano, o meglio ad essi si assimilano, borghesia, totalmente inebetita, burocrazia, istituzioni, e purtroppo anche gran parte della Stampa, soprattutto quella legata alle agenzie sempre a caccia di pubblicità… ipocritamente appellata istituzionale. Ma tutto questo è, fortunatamente circoscritto, all’area metropolitana: absit iniuria verbis. Le cose cambiano quando l’attenzione sulla nostra città arriva dai mas media nazionali, soprattutto quelli 101 su cui la pubblicità non arriva e magari i giornalisti (definiti talebani) non sono quelli delle telecamere a canguro, schiavi del padrone o prezzoIati. Cambiano nel senso che fotografano la realtà e sollevano l’indignazione del popolo italiano quando parlano della città dei balocchi, dell’acquisto assurdo dell‘Italcitrus, dell’acqua salata e del fantomatico dissalatore e di quant’altro farebbe insorgere un popolo che invece pare sia inebriato e amante delle cucine Scavolini e se vive nel guano delle periferie e nel clientelismo più sfrenato, poco importa. Qui non s’indigna più nessuno! Dunque, questo il panorama. Stampa locale quasi tutta a favore, incondizionatamente, pubblicità a parte, al popolo, fumo negli occhi, parate, sangiorgini a piovere: tutto va bene, madama la marchesa. Unico neo la stampa libera locale: ma quella è poca cosa, la si mette a tacere apostrofandola come progressista. Resta quella nazionale. Aguzziamo l’ingegno. Proviamo col fai da te! Attingendo alle casse cittadine, che ci vuole a realizzare DVD simil Istituto Luce? Di propaganda! E, come se non bastasse, facciamo pure un rotocalco da mandare su Canale Italia con un po’ di centinaia di migliaia di euro, ma naturalmente affidiamolo a giornalisti non locali: non si sa mai, potrebbero cambiare bandiera e poi, li stimiamo davvero? Non sembrerebbe, visto che ce li andiamo a cercare da Roma in su e magari, alla faccia della imparzialità, con la tessera del partito. Ma come si fa ad accettare il piano di comunicazione comunale, contrabbandato per un fatto di trasparenza, quando altro non è, che una pubblicità pagata coi soldi dei reggini, per edulcorare una realtà che è sotto gli occhi di tutti? VEDREMO MAI servizi su Arghillà e su come vivono i bambini di quel quartiere, dove i topi vengono scambiati per gatti per dimensioni? Vedremo mai le condizioni vere dei nostri reparti ospedalieri? E l’acqua? E le strade? E le piazze rovinate in eterno da interventi a dir poco di pessimo gusto? Vedrete che in uno di questi fantomatici documentari, un giorno l’altro, vedremo qualcuno a torso nudo con falce martello tagliare il grano ed arare i campi… di Melacrino… Ma la stampa reggina vuole o non vuole capire che così non si fa il bene dell’informazione e, soprattutto, non si fanno crescere i tanti giornalisti locali, che non hanno nulla da invidiare, tranne la tessera, ai colleghi romani o milanesi, chiamati ancora una volta a colonizzarci? Ma come si fa ad accettare una censura di tal tipo? Ma abbiamo, davvero, perso il senso della misura a tal punto? Quanto è bello poter parlare liberamente! lo posso!