Il pianto del coccodrillo

30 gennaio 2009

La Regione Calabria è a pezzi! Si invoca lo stato di calamità naturale. Si va ai funerali di chi, innocente, ci ha rimesso la vita sepolto da una massa informe di fango. Ipocritamente. Finite le esequie si sale in macchina, con tanto di autista, si riaccende il telefono e si riprende la solita attività… che di politico non ha nulla, se non di elettorale. Poco importa, se la vettura sfreccia, …si fa per dire… tra lo scempio che di questa terra, un tempo nobile e bella, si sta facendo. Indico qualcuno? No. Il quadro è generalizzato e comune quasi tutta la classe politica calabrese. Quella che sta a Roma, ammesso che sia calabra, in primis. Non bisogna fregiarsi del titolo ambientalista o fingere di esserlo (come fanno in tanti) per prendere atto del diabolico piano che ha sconvolto il nostro territorio. Prendete la vostra auto. Percorrete la A3 da Reggio Calabria Nord e viceversa, il panorama, che scorre lentamente sotto i vostri occhi, inequivocabile. Interi costoni di montagna feriti da strade tracciate per servire i cantieri. Pendii una volta verdi, divenuti grigi. Il cemento, le resine epossidiche la fanno da padrone. Squallido panorama bigio. Come non pensare che la natura si ribelli? Come non mettere in conto che le acque meteoriche, non trovando più il loro naturale sbocco, negli evidenti insufficienti condotti artificiali, provochino frane e smottamenti? Ma la rabbia diventa furore, quando ci si rende conto che si stanno demolendo viadotti, ponti, muraglioni in cemento armato, costruiti non più di cinquant’anni fa, per realizzarne di nuovi cento metri più in là! E pensare che nel mondo viaggiamo ancora, ed in sicurezza, sui ponti costruiti dagli antichi Romani! A chi giova tutto questo? Dove era la classe politica dominante, quando questo scellerato progetto del cosiddetto ammodernamento della A3 veniva approvato sulle spalle della gente di Calabria? Ci hanno detto che doveva diventare più sicura. Per entrare in Europa. E questi morti? Sull’altare della sicurezza anche questi? Suvvia, svegliati gente di Calabria! Non ti accorgi che sulle tue sofferenze, oggi anche sui tuoi morti, si continua ipocritamente ad esprimere solidarietà, ad assicurare la ricerca dei responsabili, e via via frasi di circostanza come quella di quell’alto prelato che alle esequie di chi, giovanissimo, ha perso la vita sotto la frana autostradale, ha detto “speriamo che questa morte non sia stata vana!” Vana? La morte è sempre e solo un dramma, ancor di più quando si poteva e doveva evitare! Giammai è utile. A cosa può giovare? Cosa ci può far sapere di quello che già sappiamo. Lo abbiamo sotto gli occhi. Non è forse un percorso ad ostacoli la A3? Ostacoli della natura, che come ho già detto si ribella, ed ostacoli dell’uomo, dell’impresa, che pur di mandare avanti i suoi lavori, pagati a peso d’oro, non lesina deviazioni né chiusure, spesso evitabili. Ma già! Meglio che passi un mezzo di cantiere ogni due ore, che non gli automobilisti che tanto, povere pecorelle, impiegano per andare, loro sì a lavorare, due ore per percorrere dieci chilometri. E se l’auto che ti precede va in panne? Oh, nessun problema. Spegni il motore ed hai finito il viaggio. Poca cosa. C’è chi per colpa di queste scelte aberranti e di responsabilità tutt’altro che da ricercare, il viaggio l’ha terminato davvero. Per sempre. Povero lui. Poveri noi che continuiamo a non indignarci per tutto quanto, scelto altrove, ha fatto della Calabria la Terra conosciuta per la malasanità, la mala gestio, i Chilometri d’oro, e quanto di peggio si possa inventare o costruire amplificando le pur esigenti negatività. Ma la vera Calabria non è questa.

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