17 maggio 2006
Quando si amministra la cosa pubblica non si può cedere alla tentazione di ricorrere alla menzogna per fatti che nulla hanno a che vedere con il bene comune. Inoltre, non si possono trattare i problemi, le proposte – in sintesi – gli affari pubblici, con superficialità, né tanto meno con la tracotanza di chi pensa di poter fare quello che vuole per una sorta di impunità, conquistata sul campo… Accade purtroppo ai giorni nostri che chi conquista una poltrona politica o amministrativa che sia, si convince giorno dopo giorno di aver ricevuto una sorta di investitura divina, che gli consente di fare e disfare qualunque cosa, di reggere i destini dei sudditi, di infischiarsene solennemente di ogni norma deontologica e comportamentale, di decidere il bello ed il cattivo tempo. Paradossalmente il nostro burocrate-monarca, nel gestire il suo immane potere, si trincera dietro codici e codicilli, interpretandoli a suo uso e consumo, concedendo agli amici e togliendo a chi tale non è. Spesso lavora nell’ombra. Ancora più spesso alle spalle di un altro potente. Lo utilizza, magari agendo in nome e per conto. Facendosi scudo dell’immunità di costui. Il diluire le responsabilità, l’aver compagni al duolo ed al dolo lo corrobora e lo spinge alla sempre più elevata tracotanza. Tutti lo temono. Tutti lo utilizzano. E Lui gode di questo potere incondizionato ed immenso. Tanto elevato che, credendosi il fratello maggiore del Padreterno, non riesce a distinguere tra i suoi interlocutori e tratta tutti allo stesso modo. Dall’alto in basso. Dice sempre di si. Sorride a tutti. Ma poi fa come ha già deciso, a tutela di se stesso e dei suoi interessi. Tanto conta solo Lui. La furbizia è la sua dote naturale. Ma non sa che la furbizia, notoriamente, è un sottoprodotto dell’ intelligenza. Il suo destino? Facile. Ricordate quel film di Totò dove il grande napoletano interpretava un generale dell’esercito in servizio? Grandiosa scena: l’autobotte, incontrandolo per strada ritirava il suo baffo d’acqua. Qualche tempo dopo stessa scena, ma con il generale in pensione: il baffo d’acqua non si ritira e il bagno per il povero Totò è mortifi cante. Come il destino di chi semina male e fa dell’arroganza il suo credo di vita. Dote che mal si confà alla tutela ed al perseguimento del bene pubblico. Dopo aver disquisito sull’immagine del burocrate, non troppo illuminato dei giorni nostri ed averne tracciato una sorta di identikit, voglio lasciare alla insindacabile valutazione dei cittadini di Reggio Calabria il giudizio su quanto accaduto ieri. Mi limiterò ai fatti. Documentati. Oggi 17 Maggio, san Pasquale, doveva essere e sarà un bel giorno per la nostra città. Un giorno da ricordare per il nostro Teatro Cilea. La presenza del grande Maestro Muti sul podio non è cosa da poco. Purtroppo però, è cosa per pochi! Reggio conta quasi duecentomila abitanti. A Teatro entreremo non più di mille. Io ci sarò ma molti miei concittadini, no. E questo mi turba. Semplicemente mi dispiace. Molti giovani, pensionati, gente comune ma anche curiosi avrebbero potuto sentirsi come i fortunati mille (che dormono, mangiano, invecchiano come loro) davanti al Teatro davanti al maxischermo che RTV aveva offerto, come offre alla Città e purtroppo a chi oggi la governa, burocraticamente. Ma la sensibilità non alberga nel capo di gabinetto, Zoccali. Dopo aver fatto finta di accettare la nostra proposta pubblicata da tutti i quotidiani locali e tentato di mettere in difficoltà la nostra emittente, indicando il termine perentorio delle ore 14, per ottenere una risposta tecnica, ha deliberatamente impedito, di fatto, la realizzazione di un servizio che sarebbe stato un bel dono alla città ed alla cultura. Inviata la nostra proposta, gratuita per l’installazione nei pressi del Teatro – come è d’uso in tutte le città del Mondo, alle ore 13.30 – in tempo dunque – siamo rimasti in attesa. Vana attesa. Dieci giovani pronti di tutto punto per assicurare a centinaia di reggini di vedere il grande Muti all’opera, fino a tarda ora per preparare regia mobile, maxischermo, microfoni e divise in giacca e cravatta: tempo perso! Alle 19 circa, viene chiamato al telefono il Capo di gabinetto per sollecitare una risposta: vaga arriva. “Stiamo studiando, considerando”… cospirando, dico io, ai danni di Reggio. Peccato che da lì a poco scopriamo che “Roto San Giorgio”, organo ufficiale dell’Ufficio Stampa del Comune, aveva già comunicato ai quotidiani alle ore 17,47 che “per motivi tecnici” il maxischermo non poteva essere installato. Bugie, bugie e solo bugie. Si vergogni chi le ha dette. Caro Avvocato Zoccali le bugie non le dicono più nemmeno bambini: sono cresciuti. Lei quando lo farà? Giudichino i Reggini il suo operato. Lo giudichino quelli di sinistra e quelli di destra. Con onestà intellettuale. Qui l’appartenenza politica non c’entra. Lei ha tolto a tanta gente un sorriso, un brivido di orgoglio, un’emozione. Ne aveva il diritto? E in nome di chi ha operato? Non certo nel nome del popolo reggino! Arrossisca. Ancora un’altra battaglia per Reggio. Senza paura e senza tacere la verità. Ma quando si sveglierà l’amor proprio dei Reggini? Come accettare che un nugolo di uomini la devasti, celandosi dietro le bugie? Rischi, problemi legali, di ordine pubblico? Una serie di bugie, una dopo l’altra, a raffica ci sono state dette telefonicamente dallo stesso Capo di gabinetto che si arrampicava sugli specchi per giustificare il suo NO! Tutte sciocchezze. Ai tempi di Falcomatà, Italo, per non privare i cittadini del piacere di assistere alle partite della Reggina, si assumeva tutte le responsabilità, firmando domenica dopo domenica: una firma pesante che gli ha fruttato una interminabile serie di avvisi di garanzia: tutte pallottole andate a vuoto! Ma di quelle pallottole giudiziarie… pare non ne fabbrichino più!