6 febbraio 2006
Che la Stampa Nazionale si eserciti in una sorta di tiro al bersaglio sulle città del Sud, è cosa nota. Fastidiosa più di una mosca, mentre stai riposando sotto un bel pino marittimo. Il fatto è che noi, del Sud, gliene diamo la possibilità. E quel che è peggio annoveriamo tra la nostra gente chi del parlar male altrui gode e si pasce… È molto strano che non venga fuori quello spirito di corpo che rende uno un clan, una famiglia, un popolo. Non sarebbe necessario avere ragione per essere difesi, sarebbe sufficiente farne parte. A queste latitudini il mal comune mezzo gaudio è quasi legge. Quanto meno consuetudine. Ora accade che personalmente quando si parla male della mia città non vada a vedere chi o di che colore è il soggetto esposto al pubblico ludibrio, ma ne difendo l’immagine per la sola ragione e col solo intento di sottrarre la Città dalla condanna generalizzata che solitamente le viene inflitta. Se tizio ha rubato, la Città è piena di ladri! Visto che impera la mafia, siamo tutti mafiosi! Per dirla con quel tal magistrato opportunamente tacitato dagli stessi colleghi. E no, cari concittadini. Così non va. Se Reggio è sfortunata ciò non vuoI dire che dobbiamo sempre accettare che ci riversino addosso mari di fango. lo almeno, e con me tanti tanti altri, non ci sto. Ed allora fiato alle trombe: difendiamo la Città. Come? Innanzitutto sottraendola al linciaggio morale continuo ed, in secondo luogo, eliminando, nei modi consentiti, gli elementi e gli atti che ci espongono all’ignominia… Ancora una volta, dopo gli articoli apparsi sul Corriere della Sera, e ieri su Repubblica, non ho gioito nel vedere il sindaco della città, elargitore di prebende per sé ed i suoi amici, a scapito della nostra Reggio, costretto a difendersi – a mio parere goffamente – dall’accusa di essersi assegnato indennità su indennità. Un incarico, un’indennità. Sarebbe normale se non fosse che l’acqua – a cagion della quale la percepisce – è pseudo potabile, salata ed arrugginita… e scorre a singhiozzo nei rubinetti di casa. È pur vero che la situazione era pregressa. Ma l’indennità no!! Ancor meno mi è andata giù la abbozzata difesa affidata a due argomentazioni. La prima, risibile! L’acqua è salata: vuoI dire che risparmieremo il sale! Mio nipotino si sarebbe difeso meglio – anche se lui al di là della paghetta, non va! La seconda mi intristisce: il Ministero competente mi aveva autorizzato! Dice il primo cittadino. Caro Sindaco, se la Legge le consente di incamerare indennità basate sulla sete popolare, la morale, l’etica e l’amore per la città glielo vietano. lo non ce l’ho con Lei, come Uomo, ma come Sindaco, si. Lo avevo già detto da questi schermi: chi la consiglia, lo fa male. Veda un po’ se questa volta, con uno scatto di dignità, glielo regala un buon suggerimento… magari senza indennità: lasci la poltrona di Palazzo san Giorgio. La rimetta al Popolo. Lasci fuori anche quella opposizione che non si oppone, e che per paura di ritrovarsi con qualcuno non gradito, ma ben identificato per i lunghi capelli, come suo successore, non vuoI raggiungere la fatidica ventunesima firma. Caro Dottor Scopelliti, come sono lontani i tempi in cui un assessore destinava la sua indennità all’acquisto dei fratini di stoffa per i vigili urbani, che andavano in giro in agosto con quelli di plastica! E come sono preistorici i tempi delle penne bic da cento lire, tanto care ad Italo Falcomatà: tanto care, ma a casa sua, targate Comune, non ne ho mai visto una! Solo, sulla sua scrivania, a Palazzo! E la prego, non si lamenti dell’Editore e dei giornalisti di Reggio TV: noi non siamo sul libro paga di nessuno, men che meno leggiamo il telegiornale su un’emittente locale, a lei asservita, per poi percepire indennità comunali… per scrivere… magari, sull’acqua!!! È troppo salata!!!!!