18 novembre 2020
Quella che sta vivendo la Calabria, e non da ora, è una vera tragedia. La sanità, la parte più importante della vita di ciascuno di noi, e allo sfascio, allo sbando. Terra di nessuno la Calabria, meno che meno dei Calabresi. Molti sono fuggiti letteralmente, altri, quelli che sono rimasti, hanno pagato cara la loro caparbietà. Qui i diritti sono negati a tutti, ai malati in primo luogo, ai medici ed a chiunque voglia impegnarsi nel settore, non rimane che pagare fior di avvocati, consulenti ed a esperti per vedersi riconosciuti dal tribunali amministrativi i legittimi diritti di ogni italiano. Ma qui non è Italia. Qui viviamo in un altro mondo, colonia di un governo miope, se non addirittura Caino. Qui ci sommerge l’immondizia, e la gente tace! Qui Roma impone i suoi improponibili candidati, e la gente tace! Qui Roma impone, da più di dieci anni, Commissari inadeguati, commissioni fatte di vecchi prefetti in pensione, buoni solo a dichiarare dissesti ed addebitare agli altri colpe evidenti. Qui l’incapacità si trasforma in accuse, addirittura di omicidio e di presunti avvelenamenti di cincischianti generali in pensione. Tutte messe in scena da melodrammi, anzi da fiction, dove i malavitosi, sporchi, brutti e cattivi hanno sempre l’accento calabrese! Il problema è che in tutto questo chi ci rappresenta, a tutti i livelli, non solo non si ribella ma anzi, si appiattisce ed osanna i nostri stessi carnefici. Subisce e fa subire, per innalzarsi. Ma ogni regola ha la sua eccezione. Una impennata di orgoglio in un presidente ridà fiducia al popolo di cui ti senti parte. Uno Spirlì in perfetto italiano, stentoreo ed anche arrabbiato, ha rivendicato a chiare lettere, l’identità calabrese ed il diritto della regione ad autogovernarsi nella sanità al pari delle altre. Una dopo l’altra, le bordate del sostituto della compianta Jole, sono andate a segno, nonostante la supponenza e la irritante arroganza del solito Parenzo in quella incomprensibile, ai più, trasmissione radiofonica di Confindustria, dove il turpiloquio e le sciocchezze diventano cose normali. La zanzara. Ma Spirlì non si è fatto irretire ed ha risposto alzando la voce e rivendicando tutto ciò che noi della sanità andiamo dicendo da anni. Non abbiamo bisogno di nuovi Messia o di missionari, vogliamo reggerci sulle nostre gambe che sono forti, vogliamo curare i nostri malati, senza bisogno che vengano ad insegnarcelo dal Nord, dove peraltro, ci lavorano i nostri figli, fuggiti da quei luoghi dove un concorso lo vinci solo se sei iscritto al partito del momento, dove i commissari hanno la stessa tessera del ministro e i missionari sono graditi ai cinque stelle, politici per caso o per un click. Per fare il medico ho dovuto superare esami, abilitazioni e concorsi ma soprattutto la diffidenza, gli ostacoli, la lotta per la quotidiana battaglia contro le malattie, per dirigere tutti quelli come me, è bastato un click, una tessera di un partito che non c’è, un po’ di dimestichezza con il web. Un po’ poco per salvare vite umane. Molto per distruggere una sanità fatta di bravi medici, infermieri, tecnici ma di poche strutture, pochi mezzi e tanta ingiustizia. Troppo per non perdere la fiducia nelle istituzioni, ma nel sentire ieri Nino Spirlì, Giusy Versace, Maria Tripodi, Denis Nesci, Mimma Catalfamo, mi rendo conto che, forse, qualcosa si muove. Alla nostra protesta, durata decenni, si aggiunge quella di alcuni illuminati politici . Si metteranno a capo di una protesta popolare seria, dura, apartitica? Ci ribelliamo tutti, finalmente, alla invasione dei Commissari ? Dei prefetti in pensione? Dei politici inventati? La campanella è suonata! Spirlì ha suonato la sua, nella qualità. Calabresi, sveglia, difendiamo i nostri diritti, la nostra stessa vita, senza Messia. Quelli lasciamoli alle religioni! Noi vogliamo uomini nostri!