20 aprile 2016
Noi calabresi siamo legati, molto legati, a San Francesco di Paola, 1416 – 2016, 600 anni da ricordare. Reggio, il cui Vescovo metropolita è tra i più profondi conoscitori del Santo, lo ha fatto nel modo migliore possibile. Si è affidata ad un giovane sacerdote, parroco di una delle Parrocchie più popolose e popolari della città, quella dedicata a Santa Lucia. Parrocchia, piena di storia, legata alle vicende cittadine, guidata per oltre un sessantennio da una personalità forte, dal carisma eccezionale. Dal parroco per antonomasia. Da quel Don Mimmo Geraci alla memoria del quale, a tutti sgorga una lacrima di commozione, tanto era ed è presente tuttora, nella vita di ciascuno di noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo. Don Massimo La Ficara ha avuto, dunque, dal suo Vescovo, Fiorini- Morosini, due incarichi: uno più difficile dell’altro. Sostituire Don Mimmo non è cosa da poco. Anche perché tutti, quando qualcosa cambia, amano di più il passato del presente. Non importa il perché e il per come. Vorrebbero congelare il tempo. Massimo, con umiltà, ricco della sua timidezza, lo ha scongelato e senza pretendere impossibili sostituzioni, si è affiancato alla memoria del suo precedente confratello, senza mai tradirne il ricordo o tentando banali gare di primazia. Merita quel posto e l’affetto che ha conquistato, giammai sostitutivo ma aggiuntivo. Non meno difficile del primo, il secondo incarico. Quello di scrivere e musicare un oratorio sacro per la ricorrenza francescana. Questa sera la sua presentazione in Cattedrale, “Lui vive in me”, questo è il titolo prescelto dal novello Falvetti. Grande autore di un memorabile oratorio: il diluvio universale, anche egli reggino. Un oratorio, quello di don Massimo, che è un vero e proprio condensato della vita, del pensiero e della storia del grande Santo di Paola. Il Santo mandato da Dio perché recasse il lieto annuncio ai poveri, li difendesse proclamando la libertà degli schiavi, curasse le loro piaghe, parlasse loro di misericordia. Una musica stupenda, coinvolgente, correlata con arte al testo ed alle parole mai gridate, sempre sussurrate, ma pesanti come macigni. Un coinvolgimento non solo emotivo, ma reale perché il Popolo è chiamato a cantare, come accadeva nella tragedia greca, dove il coro era un personaggio ben connotato. Qui rafforza e rappresenta la Fede, attraverso i temi della speranza, della riconciliazione, dell’amore. È tale la forza trascinante della melodia sacra, che ti ritrovi a cantare, senza neppure accorgertene, spinto da una forza che ti viene data dalla musica stessa e dal ritrovarti in un luogo sacro che, di per sé, ti fa godere di una profonda spiritualità, aumentata dal ritrovarti assieme a tanti fedeli che subiscono il tuo stesso coinvolgimento. Non mancano gli elementi innovativi. La parte recitata è affidata alla Penitenza che si presenta come madre austera e premurosa. Col canto, affidato ad un grande contralto, ed una recitazione austera e convincente, attraverso una voce recitante. Ottima la prova dell’orchestra e dei solisti. Il coro si è superato, conferendo alla serata una sacralità musicale di elevato spessore. Ancora una volta, la città di Reggio si esprime al meglio. Il mondo cattolico celebra i 600 anni dalla nascita del Santo calabrese per antonomasia, e lo fa con uno dei suoi figli migliori per sensibilità, umiltà e talento musicale. Don Massimo La Ficara merita il successo che ha avuto ed il plauso della sua Parrocchia, prima fra tutti. Ha regalato alla storia una bellissima pagina. Lo ha capito, lo rivelano le lacrime spuntate al termine della sua stessa direzione orchestrale, fra gli applausi scroscianti delle parole non di prammatica, del suo Vescovo. E non è da meno il merito di quest’ultimo, che ha saputo individuare nel Parroco di Santa Lucia chi avrebbe potuto, come poi ha fatto, celebrare, con una grande opera musicale, una ricorrenza così significativa per la Calabria e per la Chiesa Cattolica. Diciamolo pure, se fossero tutti come il Vescovo Morosini, vedremo sempre di più le persone giuste al posto giusto. E la nostra fama sarebbe sempre più quella che meritiamo: positiva.