5 marzo 2017
In una città dove ormai si permette tutto a tutti, dove l’assuefazione fa sopportare al popolo qualunque nefandezza, bisogna che ci sia qualcuno che abbia ancora, nonostante tutto, la forza di ribellarsi. Tra la gente c’è un latente bisogno di reagire, ma manca il coraggio collettivo, quello che faceva andare l’uomo soldato a morte sicura, accettando di infoltire le prime file, nella battaglia. Manca il coraggio perché non ci si riunisce più, non si parla e spesso, si ha paura di farlo per evitare di alienarsi i favori di chi, in un modo o nell’altro, detiene il potere. Qualunque potere. Ecco che così imperano le mezze calzette. Approfittando della dilagante incultura e del disamore alla difesa. Tanto… che si parla a fare! Invece no. Esorto! Rischiamo, ma parliamo. lo ritengo di averlo fatto, sempre, liberamente, tanto che solo gli sciocchi possono ipotizzare che io abbia mai agito in nome e per conto di qualcuno. Sono sempre appartenuto a me stesso. Anche politicamente. Esclusivamente. Lo dimostrano i fatti e la mia storia. Sono ingestibile e questo mi ha alienato le cosi dette simpatie dei capi di turno, e quando mi son reso conto che l’ambiente non faceva per me, ho sbattuto la porta e sono andato via. Per la mia strada. Mai piegata la schiena. Nè mai la piegherò, neppure di fronte alle invenzioni di chi vuole arrestare la mia passione per la città, per la cultura, per la legalità. Questo mi porta ad una riflessione sulla società attuale, non solo locale. Se taluno, senza titolo, praticasse l’arte medica incorrerebbe nei rigori della Legge, con l’accusa di esercizio abusivo della professione. Mi domando come mai la stessa cosa non avviene per quei giornalisti, quasi esclusivamente operanti sul web, senza faccia, probabilmente perchè dovrebbero indossare la maschera per non essere subito catalogati (il viso è lo specchio dell’anima) o per dirla con Nicola Giunta: “erba nana ed amara, era pirduta… sulu ‘ma vardi ‘a giurichi a’ viduta”. Questi gran signori delle testate invisibili, in effetti, esercitano la professione prerogativa dei giudici, emanando sentenze, peraltro, senza possibilità né di difesa né di appello. Approfittano del fatto che, agevolmente – non si sa come – possono entrare in possesso di materiale, spesso, sottoposto a segreto istruttorio, ed estrapolando frasi, dichiarazioni, da un contesto, magari indirizzato in altro senso, ne fanno scaturire delle vere e proprie sentenze. L’utilizzo dell’aggettivo grave, tremendo, incredibile fa poi il resto! Non v’è dubbio che l’arte dello scrivere, soprattutto in negativo, appartiene loro. Costruiscono, con abilità scientifica, capi d’accusa inesistenti, da appiccicare al malcapitato di turno, magari anche quando, nel corso dell’articolo, sono costretti a dire che… però il Magistrato non ha eccepito alcunché di penalmente rilevante!!!! Quasi da ridere! Se non fosse irritante, perché se non c’è un procedimento, se non c’è nulla da eccepire… dov’è la notizia? E da cosa discende la sentenza emanata giornalisticamente? Che valore ha, se non quello di tentare una diffamazione potenzialmente destruente di persone perbene? Non è, oltre che eticamente inaccettabile, un vero e proprio esercizio abusivo di una attività che la Legge attribuisce solo ai Tribunali? Ma tant’è. Non rispondono a nessuno. Anche perché non hanno nulla da perdere. Dietro di loro, il nulla. Anche matrimonialmente. Per dirla con il grande Totò: Tre sono i potenti al mondo: il Papa, il Re ed il pezzente! “tre song è potenti, ‘o papa, ‘o re e chi nun tene niente”