20 marzo 2011
Vorrei condividere, con chi mi ascolta, il momento magico della notte del 17 marzo al Teatro dell’Opera di Roma. Con qualche riflessione. Il privilegio, che mi è stato concesso, di assistere a quel momento storico, mi induce ad analizzare con spirito costruttivo, la situazione che viviamo. È fuor di dubbio che il popolo italiano c’è, ed è unito. Lo ha dimostrato “unendosi a coorte” dappertutto. Sulle strade, nelle piazze, sui balconi di casa esponendo il tricolore. Ovunque. Non ne ho mai viste tante di bandiere tricolori, neppure in occasione dei mondiali di calcio, che fino alla celebrazione dei 150 anni dall’unità d’Italia, sembrava fosse l’unica occasione per farle sventolare. Chi ci governa, d’ora in avanti, non potrà non tenere conto di questo sentimento vivo e comune dalle Alpi alla Sicilia. E se c’è chi pensa di poter utilizzare il federalismo, non come elemento di unione, ma come pretesto di secessione, c’è chi dimostrerà che è mera follia. Chi? Il popolo. Non si può non prendere atto che è vera e reale la profonda spaccatura esistente tra la classe politica, di destra o di sinistra che sia, e la gente comune, appunto, il popolo. Quello cui ci si rivolge, spesso, demagogicamente. Una spaccatura sotto gli occhi di tutti. La rappresentazione del Nabucco è stata la cartina al tornasole. Lo ha evidenziato più che mai una messa in scena da fiaba. Bellissima. Maestosa, solenne ed, al tempo stesso, essenziale. Magnifica la regia, le luci, i costumi. Stratosferica l’Orchestra, come pure il coro. Atmosfera da brivido patriottico. Sembra quasi che Giuseppe Verdi, al tempo della composizione, abbia previsto quello che ne sarebbe stato del suo capolavoro! Eppure, due momenti, due diversi tipi di popolo ad assistervi. Il 12 di Marzo. La prima. In platea e sui palchi gente comune, quella che vive la sua giornata tra lavoro, famiglia e cultura: il popolo italiano, insomma. Sul podio il grande Riccardo Muti. Fine del terzo atto: il coro intona il “Va pensiero”. In un diminuendo fantastico termina e sull’ultima soave nota si scatena l’entusiasmo. Applausi da far venir giù il Teatro! Muti, concede il bis, e volgendosi verso il pubblico lo dirige in un coro mai visto. Si canta sui palchi, in platea, sul loggione. Viva l’Italia. Che meraviglia! Non c’è chi non abbia cantato. Sera del 17. Tutto si ripete. In platea e sui palchi, salvo qualche rara eccezione che per esempio mi riguarda personalmente, solo autorità di Governo, Parlamentari, Ministri e Sottosegretari, alti burocrati. È la serata ufficiale. Arriva il Capo del Governo, qualche sorriso all’interno, fischi all’esterno. Giunge il Capo dello Stato. Applausi scroscianti e pubblico che si volge verso il palco reale, mentre Muti dirige l’Inno di Mameli. Un momento emozionante, come pochi ne ho vissuto nella mia vita, anche nelle istituzioni. Sembrava di sognare. Sembrava ci fosse lì tutta l’Italia. Tutti gli italiani. Arriva il terzo atto. Vengono distribuite bandierine da sventolare in quel preciso momento. Quello del “va pensiero”. Tre grandi vecchi in Teatro, protagonisti: Il nostro Presidente Napolitano, il Maestro Muti ed il baritono Leo Nucci. Ingredienti eccezionali assieme agli altri, perché si potesse ripetere quanto era accaduto la sera della prima. Scema la voce del coro… applausi, ma non tanti da indurre Riccardo Muti a concedere il bis e far cantare platea e palchi.