Il Teatro Cilea al pari della Scala!

18 aprile 2011

Una esagerazione! Forse un po’, macchiata di amore per la Città. Ma, in realtà, queste due serate di aprile, il nostro massimo Teatro non le dimenticherà facilmente. Un entusiasmo da grande teatro d’opera, ha accompagnato Cavalleria Rusticana e Pagliacci, messe in scena dopo una ultra decennale assenza dal palcoscenico reggino. Il pubblico ha mostrato di aver apprezzato il grande sforzo profuso da tutti. Nessuno escluso. Con le evidenti difficoltà di un Teatro a ore, dove l’ufficio complicazioni affari semplici, è aperto notte e giorno, si è riusciti a conferire allo spettacolo la dignità di altri più titolati. È emerso l’orgoglio di un popolo del Sud, che non vuole più sentirsi figlio di un Dio minore. L’orchestra, con un primo violino, Pasquale Faucitano, che è garanzia assoluta di tutti i direttori, ha messo una marcia in più. Forse due. Ha garantito al pur giovane direttore, acclamato a gran voce dai suoi fans, una performance di grandissimo livello. Una massa corale da far invidia a chiunque, con un maestro Bruno Tirotta che, paradossalmente taciturno e composto, rappresenta il meglio che ci sia per competenza e, soprattutto, passione vera per la musica. Il coro ha interpretato, con fedeltà, il pensiero forte, sia di Mascagni che di Leoncavallo. Il cast è il migliore che si potesse ottenere. In un teatro dove le prove sono quasi un optional, il miracolo è avvenuto. Mettere su un’opera non è come cantare canzonette. Eppure l’afflato degli artisti, frutto di esperienza e dedizione, si è notato. Grande interpretazione di tutti con la gigantesca, magnifica figura di un Francesco Anile che, ai più, ha ricordato quella di quel tal Mario che di cognome faceva Del Monaco. Forte, intonato, espressivo, ha commosso tutti. La voce possente, a tratti rotta dal pathos, il portamento, la grande musicalità hanno riempito d’arte il Cilea, osannante e gratificato. Quel “ridi pagliaccio”, cui è mancato solo il classico insostituibile costume, ha coinvolto anche i più esigenti. Un cantante del Sud. Del profondo Sud. Profondamente bravo! Gli era accanto un soprano di tutto rispetto, la Chiara Angella, così come tutti gli altri interpreti. Bravi tutti. Davvero. Le scelte di Serenella Fraschini si sono rivelate azzeccate. Una nota, la regia, la merita. L’innovazione nel teatro lirico è ormai un costume. Ma certe cose sono inamovibili per destinazione. L’incontro tra Turiddu ed Alfio non é certo salottiero e mal si confà al tragico momento, lo star seduti come due vecchi compagni d’arme. Come pure, il tragico grido che conclude la cavalleria rusticana. È straziante, lacerante e non può essere ridotto ad un sussurro! Piccole scelte. Se ne può discutere. E questo fa parte del mondo che circonda la Lirica. Quel non so che, che si identifica con la nostra bella Italia. Dal Nord al Sud. E questa volta senza differenze!

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