15 settembre 2010
C’è un noto difetto visivo, la presbiopia, che non ci consente di vedere
bene le cose che abbiamo vicino. È diffuso.
Peggiora con l’avanzare inesorabile dell’età. Ma se dal canto suo la vista
e quindi il discernimento di ciò che ci circonda materialmente non è più
quello degli anni della gioventù, l’esperienza aumenta. Non in tutti. O meglio,
non tutti ne fanno tesoro. Noi reggini, spesso, uniamo al difetto visivo anche
quello del non riconoscimento della grandezza altrui.
Di chi ci sta vicino, soprattutto. Penso che la vista e l’esperienza non mi
abbiamo tradito. E oggi, in Cattedrale, ne ho avuto piena consapevolezza.
Ne sono felice. A Reggio Calabria abbiamo davvero un Grande Arcivescovo!
Forse qualcuno non se n’è accorto. O meglio, fa finta. AI presule porta rispetto
per l’abito che indossa, certamente, ma non va oltre. Teme il confronto, forse.
lo credo invece, che Mons. Vittorio Mondello, merita un rispetto oltre
misura per quello che è, umanamente. Innanzitutto è un Uomo colto.
Sotto l’aria del burbero-benefico, poi, c’è un cuore grande ed una umana disponibilità che lo rende davvero interprete della pietà cristiana. Ha
in circolo la dottrina che, senza spocchia, profonde a piene mani al solo
parlare di qualunque cosa e con chiunque. Essere Capo della Chiesa
reggina non è cosa semplice. Mantenere l’equilibrio che l’uomo di Chiesa non può non avere, è davvero difficile. Dispensare il paterno rimbrotto
con fermezza e semplicità, a difesa del bene comune, appartiene ai grandi. Fin da quando il Sindaco della vera primavera reggina aveva riposto in
lui una fiducia immensa, Lui che alla chiesa si avvicinò in limine mortis,
aveva guardato Mons. Mondello con gli occhi di chi ne aveva compreso le
qualità prima e meglio di me. Via via ho consolidato questo convincimento razionale. Oggi poi, in Cattedrale, al cospetto di quel Quadro, che fin da
quando ero bambino mi incute timore,devozione ed emozione, ho provato
per il nostro Arcivescovo un sentimento di ammirazione profonda, ascoltan-
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do l’omelia rivolta ai fedeli al cospetto del Consiglio Comunale, del Sindaco
e dei politici locali. Mi sono identificato totalmente nelle parole ferme, lucide
e pesanti come macigni. Vere, sentite, profonde. Mondello, ad un popolo
alla mercè delle scorribande politiche, mafiose e clientelari, ha consegnato quattro Comandamenti. Regole certe per il cristiano che vuol fare politica. Come Mosè, ispirato da Dio, ha puntualizzato ciò che il popolo deve
chiedere a chi lo rappresenta. Senza mezzi termini. Molti si saranno identificati
– in negativo – in quelle regole-accuse. Soprattutto chi usa il termine politica per
giustificare ogni tipo di menzogna, di agire scorretto, di escamotage non propriamente legittimo. Con quattro regole concise, ma grandi quanto montagne, ha
identificato il momento, i peccati politici e forse, a voler guardare bene, anche gli autori. Senza nome, ma noti al popolo. Anche a quel popolo affetto
dai noti difetti visivi. L’arcivescovo tuona contro l’improvvisazione. Non si
può fare politica se non si è preparati. Se non si conoscono i problemi. Non
ci si può avventurare così, per il puro gusto di apparire senza saper fare.
Non si può scendere a compromessi, a patti, con la scusa che altrimenti
non si può far politica. Troppo comodo. Non si può cedere ai ricatti a rischio
della propria onestà. Non si può essere irregimentati dagli ordini di partito,
o se preferite di scuderia, senza aprirsi al confronto con chi non la pensa
come te. Il nostro Arcivescovo ha dato voce,in un momento difficile, all’onestà intellettuale ed alla saggezza di chi ha a cuore le sorti del Popolo, quello
di Dio e quello della Politica. Non ha lesinato una dura condanna a chi,
appartenente al Clero, non se ne dimostri degno e per questo, la Sua
credibilità, si è di colpo accresciuta, conferendo all’omelia la potenza
dirompente che merita la verità, la giustizia, la legalità.
Nel 1577 il Quadro della Patrona parlò miracolosamente ad un piccolo frate
per annunciare la fine della pestilenza.
Ieri, forse, ha ripreso la parola, attraverso l’arcivescovo, per indicare la
via per arrestare quella pestilenza civile che imperversa ormai da troppo
tempo. Speriamo che il miracolo si compia, per il bene del Popolo Reggino!