11 marzo 2012
Semplicemente sconfortante. Dovunque volgi lo sguardo trovi malcostume, corruzione, negazione dei tuoi diritti. Non solo. Ma se provi a reclamare, ti ritrovi, quando ti va bene con un… “ma fatti i fatti tuoi!” Non basta. Sempre guardandoti attorno, non puoi non constatare che la qualificazione è l’ultimo dei requisiti richiesti perché taluno faccia o occupi quel dato posto. Una volta chi aveva la R alla francese (la r moscia per intenderci) non poteva fare lo speaker in tv. Oggi si. Una conquista? Non lo so! Dubito. Chi ha questo piccolo difetto di pronuncia potrebbe scrivere, per esempio, e non leggere. Ma questa è poca cosa. Il problema è che oggi perché tu faccia una cosa, l’importante è che NON la sappia fare. Da qui discende il dramma che tutti vogliono fare tutto. Tutti vogliono avere tutto. E quando non ci riescono, delinquono. Per avere. Non riesco altrimenti a giustificare questa fame famelica di avere, avere, avere. Dove è finito il senso dell’etica. Dell’onore. Della correttezza? Possibile che si sia perso tutto, in nome dell’avere? La fotografia della situazione presentata dal Presidente della Corte dei Conti, nella sua relazione annuale, è inquietante. La corruzione dilaga. Non v’è ufficio pubblico o, addirittura, privato dove non vi sia chi “si venda al miglior offerente”. Spesso per ancor meno di trenta denari! La dignità umana è davvero caduta così in basso? Eppure i tentativi per farla rivivere nell’animo e nei comportamenti degli italiani sono stati numerosi. La Politica, principale imputata, è stata separata dalla burocrazia amministrativa. Risultato: invece di uno di reati se ne commettono due. Ognuno per la parte di competenza. Il politico induce, il dirigente maneggia. Dice bene il presidente della Provincia di Reggio, Raffa, con la Bassanini non abbiamo risolto nulla. Anzi. Allora tutto è perduto? Siamo tornati al Far West. Domina il più forte, o peggio, il più delinquente. No. È sotto gli occhi di tutti, quanto il quadro sia desolante, ma è proprio in cotanta miseria che si accendono barlumi di speranza e di certezza. L’”operazione ceralacca” che ha colpito gli uffici della nostra Provincia ha dimostrato, con assoluta chiarezza, che la gran parte di coloro che hanno in mano le sorti della vita civile sono e restano persone perbene. Piccoli, grandi eroi che non hanno creduto al pur grande Alvaro. Vivere onestamente, non è inutile. È il caso di Maria Grazia Blefari, dirigente di rango della Provincia, che non ha esitato un solo attimo nel denunciare, con forza ed autonomamente, il reato che si stava perpetrando ai danni della collettività. Se indossasse una divisa meriterebbe una medaglia al valor civile. A Raffa non mancherà di dimostrare, con un pubblico riconoscimento, che le linee del suo governo sono sulla stessa lunghezza d’onda di quelle che hanno indotto l’ottima dirigente ad andare ben oltre il suo dovere. Ben oltre, si. Perché da queste parti, o meglio di questi tempi, qui come altrove, abbiamo sconfessato oltre che Alvaro, anche Don Abbondio. Perché chi il coraggio non ce l’ha…, se lo deve dare! Perché non si può più stare a guardare. Perché non si può più continuare ad alzare simultaneamente le spalle, come se la cosa non ci riguardasse. Dobbiamo uscire da questa nebbia del malcostume. Non basta più lamentarsi. Denunciare, ribellarsi, unirsi contro chi delinque è un obbligo, non un optional. Fare gruppo e non lasciare solo chi ha coraggio, è il metodo da usare. Chi non rispetta le regole ha, nel suo DNA, il gene della disobbedienza. Dalle piccole alle grandi cose, bisogna vigilare perché la Legge sia rispettata, nella quotidianità a cominciare dal rispetto dei luoghi. Date uno sguardo ai palazzi pubblici reggini, dagli ospedali, al Comune, alla stessa Provincia. Vi sembrano palazzi austeri o piccoli mercati persiani? Cominciamo da questi rispettando i divieti, dal fumo al parcheggio selvaggio… il resto verrà da solo. Di Blefari ne contiamo a centinaia. Ma sono rimasti nascosti per troppo tempo. Troppo