18 aprile 2011
Prendo in prestito le parole del Prologo dei Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, perché, questo, è il grido che si leva forte dalla fame di gusto del bello, che ieri sera il gran pubblico del Cilea ha dimostrato di avere. Allora, incominciamo a capire cosa la gente vuole. Non certo quello che gli viene propinato senza criterio e senza una linea guida. Se ieri sera e venerdì non c’era una poltroncina vuota (tranne quelle gratis del politicume) mentre, per altre opere in cartellone, il deserto era più popolato, un motivo ci sarà pure. Ed è che la gente ama il buon teatro e non si accontenta di surrogati o di roba da avanspettacolo, contrabbandata per prima scelta e, spocchiosamente, messa in scena per due serate. Vuote o quasi. Il Teatro ha bisogno, come il pane, di una direzione artistica che abbia a disposizione uomini e mezzi per operare non a vista, ma con una programmazione pluriennale, libera, pensata, condivisa. Non imposta. Necessita di una direzione tecnica competente, adeguata, che nulla ha a che vedere con quella artistica. Mi si dirà che mancano le risorse. A parte il fatto che è meglio fare meno e bene, questa affermazione è semplicistica. Il teatro non è solo palcoscenico e platea. È investimento. Deve diventare appetibile non per i soli nostri cittadini, ma per un’area più allargata. L’Italia tutta, se ci si sa fare. Eventi ben studiati possono e debbono attrarre gli appassionati di mezzo mondo. Se ieri ho visto tante facce nuove che venivano con pullman organizzati da tutta la provincia e dalla vicina Messina, perché non lavorare per farne arrivare anche dalle regioni vicine e, magari con prezzi speciali, aerei, da ogni dove? I fondi? Si reperiscono. Dalle Banche che drenano i nostri risparmi ed investono al Nord, dalla Camera di Commercio, che lo fa in tutt’Italia meno che qua, dall’Assindustria che sarebbe ora si svegliasse, dai singoli commercianti che vedrebbero finalmente turisti davanti alle loro vetrine. Va innescato un meccanismo virtuoso e produttivo, scevro da comparaggi ed azioni clientelari. Abbiamo gli uomini ed i mezzi si trovano. Dobbiamo farlo. Per la nostra città. Agli stolti che andranno dicendo che quanto ripeto da anni è “ad usum delphini”, dico di stare tranquilli. La cosa non mi interessa. Ho lavoro, hobby ed impegni sufficienti per impiegare il mio tempo e per far rinascere l’orgoglio del Sud. Per riconquistare quella identità che abbiamo perso. Scendano pure e facciano loro. Li applaudiremo