24 agosto 2009
C’è la malsana idea, imperante dalle nostre parti, che chi è all’opposizione di chi governa – ai vari livelli istituzionali – debba, in ogni caso, attaccare e criticare, comunque vadano le cose. Di più. Desta addirittura meraviglia, o peggio, malumori e malcelati sensi di colpa nei semplici rapporti umani, allorquando, elementi appartenenti ad opposte fazioni politiche, intrattengano rapporti cordiali, amichevoli o di semplice condivisione. In verità, non è lo spirito di appartenenza che muove a questi deteriori sentimenti, ma è l’invidia dell’intelligenza, che si desta nei confronti di chi riesce a mediare, nell’interesse generale, al di là di steccati, al cui interno, spesso, si subiscono le decisioni, ma non si condividono (con buona pace della libertà personale e talvolta della stessa dignità). Personalmente, non agisco e non la penso così. E se l’idea diversa di sviluppo della città mi ha contrapposto a quella dell’attuale Sindaco, che a mani basse ha vinto le elezioni, con l’evidente interessato assenso di buona parte del cosiddetto Centro Sinistra, oggi, l’interesse supremo per Reggio, mi induce a criticare aspramente, quando necessario ma anche ad approvare, quando coincidono i modi di agire con il bene comune. Così ritengo un dovere istituzionale quello di elevare un accorato appello, perché certe decisioni non siano il frutto di manovre di basso livello, ma la sintesi di più esperienze e di consolidate acquisizioni. Non sto parlando di consociativismo o di quell’abbraccio mortale tra maggioranza ed opposizione, che, dalle nostre parti sono i due mali peggiori della politica imperante. Sto argomentando sull’assoluta necessità che chi governa, ascolti, anche chi sta dall’altra parte, se ciò che viene suggerito è utile alla cosa pubblica e, soprattutto, rappresenta il sentire popolare. Noi di Reggio abbiamo bisogno più di altri, di questo modo di agire politico. Siamo la più bella città della Calabria, ma abbiamo al nostro interno una pletora di Soloni, che facilmente si evirano… per far dispetto alla consorte. Andare contro la propria città è uno tra gli sport preferiti, magari appoggiando elementi politici notoriamente amici della secessione regionale. È uno sport frequentato nelle varie discipline. Cosi sarà d’altra Città il miglior medico, d’oltre Po il più quotato avvocato, e d’oltre Stretto il prodotto agricolo migliore: ce n’è per tutti! Allora prendiamo spunto dall’Inno che unisce gli Italiani, stringiamoci a coorte! È ora di farlo! Difendiamo ciò che abbiamo e facciamo sì che non ci tolgano più di quanto abbiano fatto. Senza vittimismi. La responsabilità è nostra. Caro signor Sindaco, cominciamo da uno degli emblemi della Città: il Teatro Cilea. Cosi non va! Si domandi perché Catona Teatro finisce la sua stagione con un pubblico osannante e soddisfatto, forte dei suoi 1200 abbonamenti ed invece il Cilea non ne conta, che poche centinaia, e quel che più conta tra l’insoddisfazione generale e le giuste dure critiche. Se stagione su stagione si va di male in peggio, un motivo ci sarà. Dobbiamo tacere? Dobbiamo accontentare qualcuno? Dobbiamo dire che tutto va bene? O, peggio, dobbiamo temere di criticare? Tutto possiamo vendere, anche la nostra casa, ma giammai la libertà! Ed allora. Dottor Scopelliti, prenda atto dello status del Cilea. Prenda atto che i nostri concittadini amano il buon Teatro, Catona lo conferma. Lo affidi ad un democratico tim popolare con le esperienze cittadine istituzionali, dal Conservatorio all’Accademia, dall’Università alle Associazioni teatrali. Riapra quel capitolo chiuso che è la Fondazione di partecipazione: il teatro è come l’Hospice: allevia le sofferenze e rinfranca lo spirito di un popolo. Non può non rispondere a questa esigenza, anche se le viene dall’opposizione! Una opposizione costruttiva e propositiva, di chi non ama steccati e non si fa imbavagliare… Né in pubblico, né in privato!