26 settembre 2005
Nella dirimpettaia Messina il nome Letterìo è assai diffuso, per via della prodigiosa statua della Madonna della Lettera, che saluta l’ingresso in porto di coloro che giungono via mare. È un medievale ricordo di pellegrini messinesi che portarono la benedizione dell’azzurra Signora alla città. Essa è divenuto simbolo e punto di repere per i siciliani nel mondo e per noi che, comunque, in un modo o nell’altro, condividiamo con le popolazioni d’oltre stretto, gioie e dolori… Secoli dopo non pellegrini, ma un Ministro della Repubblica, quella italiana non quella padana, (paragonabile a quella delle banane) che non si chiama, però, Letterio, porta a Reggio la “lieta novella” che Garibaldi ha sbagliato tutto. Qui si divide l’Italia o si muore, questo il nuovo grido dei leghisti sbarcati a Reggio ed accolti dal sindaco Scopelliti, in pompa magna. Scrive il consigliere Carlo Giglio che è il primo cittadino ad annunciare la lieta novella, tanto lieta da indurlo a dissociarsi coerentemente con chi ha tradito il mandato popolare. Non si può rappresentare Reggio ed andare a braccetto coi leghisti! Ma qui non si fa solo l’Italia, ma anche il Comune di Reggio. Non possiamo non sottolineare la coerenza di chi, eletto coi voti della cosiddetta Casa delle Libertà, ha scelto di non condividere sciagurate scelte che vorrebbero emarginare il Sud a favore dell’opulento Nord. E quello che ci piace evidenziare è lo spessore culturale etico ed umano di costoro. Non è forse di alto livello il Presidente della Provincia Fuda che lascia chi non rappresenta più i suoi ideali? Non dimostra di essere coraggiosa coerente ed in linea col mandato ricevuto dai numerosi elettori, la novella Giovanna d’Arco (o Archi) che riconsegna un posto di primo piano nelle mani di Scopelliti? Non è forse degno di encomio chi, come Carlo Giglio, si dissocia da chi tradisce Reggio? E gli altri? Come si fa a continuare un mandato, quando non si rappresentano più i desiderata del popolo? Noi vogliamo sperare che l’accoglienza riservata ai leghisti di Bossi, capitanati dal Presidente e dal vice presidente del consiglio, sia solo stato un atto di dovere politico. Un atto di doverosa cortesia in aperto dissenso con se stessi. Un sottoporsi alla ragion di partito. A riparare c’è tempo. Il Sindaco, la Giunta i consiglieri abiurino, sbattano la porta – sia pure alle spalle – visto che in faccia non l’hanno fatto, alla Lega Nord e si pongano alla testa del popolo reggino contro la devolution, come hanno fatto il popolo, il centrosinistra calabrese ed i politici di rango. Se non hanno il coraggio di far questo, lascino spazio a chi ha il testosterone sufficiente a mettersi contro chiunque voglia continuare a depredare Reggio, la Calabria, il Sud tutto. Qui si fa Reggio o si muore. Non la devoluzione del Cavaliere. Chi ha voluto fare del Palazzetto dello Sport un novello Cavallo di Troia, resti amaramente deluso. Se i Troiani furono ingenui, noi Reggini non lo siamo mai stati. Tranne l’ultima volta, quando siamo andati alle urne per le comunali!!