20 gennaio 2006
Eravamo abituati a vedere gli uomini di sinistra cupi, pensierosi e mai con il sorriso sulle labbra. L’aria da intellettuale, o per si o per forza, il giornale piegato sotto il braccio sempre in maniera tale che si potesse leggere la testata – rigorosamente l’organo di partito – la sciarpa rossa, e lo sguardo di chi è assorto nei pensieri più profondi: questo l’identikit. Una festa, un concerto, il teatro lirico? Roba da borghesi! Poi a sinistra si sono ritrovati anche gli imprenditori, i professionisti, i benestanti. E chi c’era già, ritenendosi investito da una sorta di diritto disceso dal popolo, si è dovuto ricredere. Erano i tempi della cosiddetta società civile, dalla quale si attingeva per rinnovare la classe politica elettorale. O si faceva finta. Ricordate gli albori del maggioritario? “Ma quello non è dei nostri”, quando un professionista veniva proposto per la candidatura, veniva bollato dai cosiddetti uomini di sinistra se, invece del look descritto, non aveva i blu jeans con le toppe e camminava in Mercedes, anziché con una sgangherata Cinquecento, col rosso fisso per la benzina. Ma il tempo è galantuomo. E le cose sono cambiate. Agli atteggiamenti di qualche povero di spirito, si sono sostituiti radicali cambiamenti e prese di coscienza responsabili. Oggi la sinistra è più moderna, sicuramente più popolare ed aperta alla cultura non di maniera, ma quella vera. In una parola, sorride. Apparire su Capital non è più considerato da piccolo-borghesi, ma un conquista del mondo del lavoro di una sinistra illuminata e progressista. E gli uomini di questa sinistra si dimostrano all’altezza. È il caso del nostro Presidente del Consiglio Regionale. Il reggino Giuseppe Bova. Disancoratosi dagli schemi del tempo che fu, ha assunto un ruolo, che già in altre occasioni gli abbiamo riconosciuto. Perfetto nella gestione – mi si passi il termine – del discorso alle esequie del povero Franco Fortugno, quando ha promesso ai Calabresi il suo serio impegno contro l’illegalità, coi fatti e non con le parole. Corretto nel favorire la soluzione del problema serio della Sanità pubblica a gestione privata. Senza protagonismo. Ma il top della modernizzazione del suo ruolo lo ha fatto conoscere ai Calabresi ieri. Si è letteralmente inventato – e ben vengano queste innovazioni – l’inaugurazione dell’anno consiliare della Regione Calabria e per celebrarlo non ha preparato aulici discorsi e passerelle più o meno da liturgie politiche cui siamo purtroppo abituati, ma ha fatto entrare in consiglio il miglior messaggero di pace speranza e serenità. La Musica. Quella seria (ammesso che ne esista una non tale). Un gran Concerto nel bel mezzo dell’aula del Consiglio Regionale della Calabria, nel Palazzo che ha pensato bene di dedicare ad un grande Calabrese: Tommaso Campanella. Un gran concerto, una magnifica orchestra tutta nostra – quella che porta il nome di Cilea – un Signor Maestro in grande spolvero, Rosario Presutti. Un programma scelto con cura, dai toni forti e roboanti, un messaggio sonoro da far rabbrividire. Non hanno solo suonato i giovani dell’Orchestra Filarmonica Cilea: hanno parlato, hanno tuonato, utilizzando le note di Verdi. Bellini. Bizet, Strauss per dire a chi siede usualmente su quegli scranni che li, da ora in poi, bisogna cambiar musica: bisogna governare la Calabria con onestà e serietà, fare delle Leggi e delle delibere, una sinfonia e non rumori assordanti di malcostume, intrallazzi e favoritismi. Bravo, Presidente. Glielo ha detto in musica ai suoi colleghi! E noi, il popolo le faremo da coro! Ogni giorno se è necessario! Bravo Presidente ci ha fatto sentire l’orgoglio di essere nati in questa terra. Non ci ha fatto invidiare quelli che hanno inaugurato l’anno in Senato con il concerto diretto dal Maestro Muti. Loro hanno avuto il loro Riccardo, noi il nostro Rosario! E ne siamo fieri. I lunghi applausi in piedi. I tre bis ed un maestro commosso per il calore umano e per il successo, la dicono lunga su quanto la Calabria abbia gradito l’iniziativa. Onore al merito, Presidente. Evidentemente ha saputo scegliere bene anche chi, con Lei, collabora. E non è da tutti. Due annotazioni a margine. Una meno seria, l’altra molto. La prima. Dobbiamo veramente ancora crescere ed imparare. Note di telefonini fuori dalla partitura hanno disturbato, così come la voce di chi ha, addirittura, risposto a quelle inopportune telefonate in costanza di concerto! La seconda. Triste. La serata era anche dedicata al caro Franco Fortugno. Eravamo felici di essere presenti al concerto, ma il cuore si è gonfiato nel vedere Maria Grazia allontanarsi con dignitoso pianto. Non ce l’ha fatta. Li non c’era più il suo Franco. Da ultimo. Si sono notate grandi, soprattutto locali,assenze di parlamentari regionali: nessuna paura, sono uomini colti ed amano la musica. Hanno solo lasciato il posto agli ospiti, importanti, per l’occasione. Ma nessuno speri… che la storia si ripeta!!!!